Gli arancini siciliani

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L’Arancino di riso è la specialità della cucina siciliana più conosciuta al mondo. Come tale, è stata ufficialmente riconosciuta e inserita nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani (PAT).
E’ una palla o un cono di riso impanato e fritto, del diametro di circa 8cm, farcito generalmente con il ragù.
Il nome deriva dalla forma originale e dal colore dorato tipico, che ricordano un’arancia,
ma va detto che nella Sicilia orientale gli arancini hanno più spesso una forma conica.
Nella parte occidentale dell’isola (Palermo e dintorni) questa specialità è tonda e conosciuta come “arancina”, mentre nella parte orientale è chiamata “arancino”.

Le origini dell’arancino sono molto discusse. Essendo un prodotto popolare risulta difficile trovare
un riferimento di qualche tipo su fonti storiche che possano chiarire con esattezza quali le origini
e quali i processi che hanno portato al prodotto odierno con tutte le sue varianti.
In assenza di fonti specifiche, quindi, alcuni storici si sono cimentati nell’immaginarne le origini
a partire dall’analisi degli ingredienti che costituiscono la pietanza.
Così, per via della presenza costante dello zafferano, se ne è supposta un’origine alto-medioevale,
in particolare legato al periodo della dominazione musulmana, epoca in cui sarebbe stata introdotta
nell’isola l’usanza di consumare riso e zafferano condito con erbe e carne.

Gli arancini più diffusi in Sicilia sono quelli tradizionali al ragù di carne, piselli e caciocavallo,
quelli bianchi con burro e mozzarella (a volte anche con dadolata di prosciutto cotto).
Nel catanese anche l’arancino “alla norma” con le malanzane, e quello al pistacchio di Bronte.
La versatilità dell’arancino è stata sfruttata per diverse sperimentazioni,
con i funghi, salsiccia, gorgonzola, salmone, pollo, pesce spada, frutti di mare, pesto,
gamberetti e addirittura al nero di seppia.
Ne esistono varianti anche dolci con il cacao e coperti di zucchero che vengono solitamente
preparate per la festa di Santa Lucia.

Cimentarsi nella descrizione di una ricetta certa è abbastanza difficile, in quanto ogni rosticceria
ed ogni famiglia ne ha una sua. Di certo, ci sono alcuni ingredienti che non mancano mai, come lo zafferano, il ragù di carne, i piselli, il caciocavallo, anche se negli ultimi anni, molti preferiscono usare dei
formaggi a pasta filata.
Quindi, proviamo a stilare una ricetta tipo.

Ingredienti:

Per il ripieno:
1 carota
1 costa di sedano
1 cipolla
500 grammi di carne mista di vitello tagliata a pezzettini
200 grammi di concentrato
2 bottiglie di salsa di pomodoro
200 grammi di piselli
250 grammi di caciocavallo tagliato a dadini
sale e pepe.

Per il riso:
500 grammi di riso (consiglio il Carnaroli)
50 grammi di burro
2 o 3 bustine di zafferano
50 grammi di grana o parmiggiano grattuggiato

Per la panatura:
Farina e acqua quanto basta per fare una pastella lenta
Pangrattato.

Per la frittura:
Va fatta a immersione in olio di arachidi.

Prima di scolare il riso aggiungete lo zafferano, due o tre bustine a seconda
dell’intensità di colore e di aroma che preferite.
Scolate il riso, avendo cura di non farlo scuocere, mantecatelo con il burro e
il grana grattugiato (va bene anche del pecorino), aggiustate di sale e pepe.
Allargatelo su di un piano, preferibilmente marmo, per farlo raffreddare.
Prendete uno strato di riso con le mani bagnate, lavoratelo un po’, perché è probabile
che raffreddandosi si sia indurito.
Posizionate una mano a forma di cono, come se voleste raccogliere dell’acqua.
Messo il riso in un palmo, appiattitelo con l’altra mano ancora libera e mettetevi
il ragù freddo con i piselli, inserite anche due o tre pezzetti di caciocavallo.
Chiudete con la stessa quantità di riso e procedete a definire la forma a cono.
Passatelo nella pastella e nel pangrattato almeno due volte.
Consiglio di farli riposare qualche ora in frigo prima di friggerli in olio di arachidi.
Scolateli su della carta assorbente e servite ben caldi.

– Leggi l’articolo anche su L’Arcimboldo magazine online n°105 Mese di Marzo –